Le intermittenze della morte, Jose Saramago

“Il giorno seguente non morì nessuno”. «No dia seguinte ninguém morreu».
Trama
Questa prima frase del libro di José Saramago preannuncia un nuovo inizio, “un paese intero in possesso dell’elisir dell’immortalità”. Il sogno di una vita senza morte concesso alla popolazione di una nazione senza nome.
Ma cosa accade alla società quando non si muore più? Come cambierà la Chiesa ora che l’assunto principale della resurrezione e della vita dopo la morte non ha più motivo di esistere? Cosa farà la politica? Il cambiamento è grande e Saramago, con un’ironia pungente (il libro mi ha strappato più di una risata) ci mostra come la società possa arrivare al caos.
Se hai già letto qualcosa di Saramago sai che tutti i suoi libri partono da un assurdo, una improbabilità. Penso non sia facile maneggiare l’inverosimile, ma le situazioni che Saramago progetta sono tali da sembrarci vere, quanto basta per immergerci nella storia e scoprire con lui le (im)probabilità del reale.
Temi
La storia, soffermandosi nella prima parte su quello che accade alla società ormai sbarazzatasi dell’incombenza della morte, offre vari pretesti per parlare di temi ancora attualissimi.
Uno è quello delle pensioni: come pagare persone che saranno vecchie in eterno? Considerando che queste aumenteranno nel corso del tempo, il quale non smette, come la morte, di fare il suo lavoro. “Signore, se non riprenderemo a morire non abbiamo futuro”.
A questo è collegata la capacità, tutta tipica dell’umanità, di rimandare costantemente la ricerca di soluzione ai problemi (pensiamo alla gestione della pandemia del 2020 e a come potevamo sicuramente essere più pronti ad eventualità del genere, tanto per citare un esempio). “I problemi del futuro, che sia il futuro a risolverli” dice uno dei filosofi che nel libro hanno il compito di riflettere sulle conseguenze di un futuro senza morte.
Saramago racconta poi brevemente la storia di un contadino con una malattia incurabile, sollevando un’altra questione ancora oggi cruciale. Senza l’intervento della morte, infatti, alcuni personaggi del libro rimangono in un limbo, uno stato definito da Saramago di “morte ferma” e molte persone scelgono di portare oltre il confine i propri cari malati, di là, dove ancora si muore.
L’autore ci regala una sorriso amaro ironizzando sulla linea sottile che separa il “dare la morte” e “l’uccidere” facendo riflettere così sulle tematiche delicate e molto complesse dell’eutanasia e del suicidio assistito.
Un autore da leggere ad alta voce
Aprendo questo libro ci si trova di fronte a veri e propri muri di testo: l’autore non usa la punteggiatura, tranne qualche rara virgola o punto che assumono la forma di una pausa breve nel primo caso e di una pausa più lunga nel secondo, e una lettera maiuscola che permette di districarsi fra i geniali dialoghi dei suoi personaggi senza nome.
Visto il modo di scrivere di Saramago, non ho potuto fare a meno di documentarmi sui motivi delle sue scelte stilistiche.
Ho ascoltato un po’ di interviste di Saramago e in una ho trovato finalmente il racconto dell nascita della sua peculiare modalità di scrittura. Durante la raccolta di materiale per un libro in particolare l’autore ha dovuto confrontarsi con la cultura popolare, con un modo di tramandare le storie, i detti e gli aneddoti, sempre avvenuto oralmente fra i contadini dell’Alentejo, protagonisti del libro che stava scrivendo. Alla venticinquesima pagina Saramago ha iniziato a scrivere non tenendo conto delle regole sintattiche, collegando i dialoghi diretti e indiretti proprio come aveva ascoltato dai contadini.
Senza rifletterci nemmeno era diventato uno di loro, il modo di esprimersi era cambiato e a pensarci bene quando leggiamo una pagina scritta da Saramago ci sembra di ascoltare un discorso fatto a voce: le digressioni quasi infinite sono permesse, il ritmo è veloce, i dialoghi serrati.
Lo stile di Saramago è anche la naturale conseguenza di quello che vuole mostrarci nelle sue storie. Le regole sintattiche si rompono facendoci provare un’esperienza di lettura diversa. La forma del testo è in questo senso funzionale all’intento dell’autore: infatti così può trasformarsi anche la realtà da noi sperimentata attraverso la lettura.
La forma possiede una sua funzionalità anche nella costruzione del libro. Saramago infatti incornicia la storia di Le intermittenze della morte fra la stessa frase iniziale e finale del libro, creando una geniale struttura circolare. Quando voltiamo l’ultima pagina del romanzo siamo certi che il ciclo descritto nell’opera si ripeterà.

Riflessioni
I personaggi sono caricature, rappresentazioni del potere, della Chiesa, dei filosofi, di alcuni soggetti che sono in grado di indirizzare e muovere la società in una determinata direzione che senza la morte è inevitabilmente quella del caos.
Sono tutti così, tranne il violoncellista che ci viene presentato nella seconda parte del libro: un uomo solo, che si “destreggia” fra la vita in casa con il suo cane, il lavoro da musicista e le passeggiate la domenica al parco; mi è sembrato un uomo già “morto” per certi versi, almeno fino a quando la sua strada si incrocerà con quella della morte, onnipotente e sicura di sé e che Saramago ci pone addirittura come superiore all’uomo per caratteristiche positive: ad esempio quando l’ecatombe che segue alla decisione della morte di riprendere il suo lavoro viene paragonata ironicamente a “una potenza mortifera di cui si troverebbe comparazione solo in certe deprecabili azioni umane” oppure quando la morte è delusa dalle conseguenze morali e sociali della sua scomparsa dalla vita dell’uomo o quando si dimostra capace di ammettere di aver sbagliato.
Credo sia un libro che possa accontentare chi vuole giocare con l’immaginazione, chi vuole farsi una risata facendo ironia sul nostro presente politico e sociale e chi vuole indagare le emozioni, le paure, i difetti, le contraddizioni e tutto sommato la meraviglia dell’animo umano.
“Non capisco niente, parlare con lei è come ritrovarsi in un labirinto senza porte” “Ecco, qui un’eccellente definizione della vita” “Lei non è la vita” “Io sono molto meno complicata” “Qualcuno ha scritto che ciascuno di noi è nel frattempo la vita” “Sì, nel frattempo, soltanto nel frattempo”.
Link consigliati: Vi consiglio questa bella intervista fatta a José Saramago sul sito Circololettori.it se vuoi approfondire quello che ho qui accennato sullo stile di scrittura.
